2011-08-02 08:21:06 Fonte

Poche professioni hanno a che fare col linguaggio come quelle legate al diritto dal momento che permea gran parte della nostra vita sociale e quotidiana. Tramite esso, si fonda un sistema che sancisce diritti e doveri, prescrive e punisce quei comportamenti contrari alle norme di diritto, secondo i valori espressi dalla comunità sociale. Valori tuttavia che non sono uniformi, basti pensare che se in molti paesi l’infanticidio è proibito, in altri è invece praticato e tollerato.
Insomma, i concetti intrinseci alla legge non possono che essere espressi attraverso il linguaggio: le sentenze, le testimonianze, i codici, verbali di polizia, ma anche gli stessi contratti che regolano i rapporti lavorativi con impiegati, soci e fornitori sono fondamentalmente documenti linguistici. Ciò a far intendere che sia il mondo penalistico che quello civilistico sono dominati dal linguaggio della legge e dalla sua interpretazione, cui i linguisti, i grafologi e criminologi hanno apportato negli anni un loro contributo assai cospicuo. Nel XVII secolo Camillo Baldi, uno dei fondatori della grafologia, aveva affermato che “la scrittura e il parlare sono vestigia dell’animo umano” e, in una formulazione più recente del 2000, Johnstone ha sostenuto che “attraverso il linguaggio e ogni altro aspetto del comportamento, gli uomini esprimono la loro individualità”. Lo studio scientifico del linguaggio varia dall’identificazione vocale alle interpretazioni dei significati espressi negli scritti e nel linguaggio legale, dall’interpretazione dei significati nelle affermazioni orali e scritte, ad esempio es. testimonianze, alle traduzioni . Da una tale impostazione è nata la linguistica forense, riconosciuta per avere come fine quello di promuovere lo studio del legame tra la linguistica e la legge, in ogni sua forma. La comunicazione coinvolge tre elementi critici: le forme linguistiche; il contesto in cui ha luogo la comunicazione; e l’effettiva conoscenza degli interlocutori. Il fraintendimento linguistico può essere causato da un costrutto sintattico povero o da espressioni verbali che inizialmente risultano chiare tuttavia inappropriate rispetto al contesto; oppure da una differenza netta tra la cultura di base dell’interlocutore e gli astanti. La comunicazione legale include sia sistemi semiotici non-verbali (come illustrazioni o gesti) sia un aspetto linguistico; ambedue sono utilizzati per trattare significati propositivi, funzionali e sociali e tutto ciò non può che evidenziarne il contesto socio-culturale e fisico. Il lavoro della linguistica spesso si basa su 4 aspetti basilari: 1. il livello grafo-fonico, inerente alla scrittura 2. il livello lessicale, quindi le parole 3. la grammatica 4. il livello di eloquio; tutti e quattro inesorabilmente legati ai fattori sociali e funzionali che ne determinano l’impatto sul modo in cui essi vengono utilizzati. La linguistica forense è una disciplina che ha cominciato ad essere studiata e ad avere un riscontro scientifico con le prime pubblicazioni già negli anni trenta nella cultura statunitense, mentre ha darne una eco a livello internazionale si dovranno aspettare gli anni Ottanta, diventando così oggetto di studi sistematici; tuttavia ad averne presupposto l’applicabilità a casi giudiziari è stato J. Svartvik sin dal 1968. Lo studioso Eades sostiene che i metodi della linguistica e della psicolinguistica sono a ragion veduta definiti scientifici, mentre sono le professioni legali a non considerarli tali perché materie che non possono essere dogmatiche così come le scienze fisiche. Il filosofo e grafologo tedesco Ludwig Klages nel 1932 disse che “Interrogando le parole e le frasi che scaturiscono dall’animo umano si potrebbe conoscere più di quanto è stato scoperto da osservazioni ed esperimenti sull’uomo”. L’auspicio è che la linguistica forense venga maggiormente utilizzata anche in Italia in ambito peritale, dove sarebbe certamente molto utile come supporto all’attività investigativa e come ricco apporto alla cultura legale.
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